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QUANDO LA GIUSTIZIA ORDINARIA ENTRA “A GAMBA TESA” NEL DIRITTO SPORTIVO

  • D.ssa Caterina Baffoni
  • 23 mar 2021
  • Tempo di lettura: 11 min

A cura della dottoressa Caterina Baffoni


Purtroppo ancora oggi il razzismo nel calcio resta una piaga attuale molto importante e alquanto invadente. Il razzismo non è uno solo, ne esistono diversi tipi e alcuni di questi trovano spesso espressione negli stadi attraverso la voce dei tifosi. In alcuni casi i cori che si alzano dalle curve risultano essere xenofobi, ovvero contro gli stranieri e tutto ciò che proviene dall’estero. Numerosi infatti sono i casi di partite interrotte per colpa di vari “buu”, slogan razzista preferito dalle tifoserie quando giocatori dalla pelle scura toccano il pallone. In Italia ci sono stati alcuni episodi eclatanti come quello di Eto’o in Cagliari-Inter del 2010. quando il calciatore camerunese minacciò di abbandonare il campo, e infatti l’arbitro interruppe l’incontro e chiese agli speaker di annunciare ai tifosi che, se avessero continuato, il match sarebbe stato sospeso. La partita continuò, l’attaccante segnò e, in segno di protesta, si mise a imitare una scimmia. Stesso caso ma con un finale diverso lo si è riscontrato in un'amichevole del Milan contro il Busto Arsizio di qualche anno fa, quando l'ex giocatore rossonero Kevin Prince Boateng, stufo dei cori razzisti provenienti dagli spalti, dopo aver interrotto volontariamente il match, prese il pallone scagliandolo contro gli spettatoti a causa dei beceri cori che lo vedevano tristemente protagonista. Eppure, il caso più eclatante e che ha avuto una certa ridondanza mediatica, è stato quello tra Ibrahimovic e Lukaku durante il derby della Madonnina del 26 gennaio scorso, un caso che potrebbe fare giurisprudenza. Il violento battibecco tra i due bomber di Inter e Milan approda sui tavoli della Procura Federale. Il Procuratore Giuseppe Chiné proverà a ricostruire le frasi non certo dolci che i due giocatori si sono scambiati a pochi minuti dalla fine del primo tempo, quando il Milan era ancora in vantaggio proprio grazie a un gol dello svedese. La vicenda, però, è ancora tutta da chiarire: Ibrahimovic sembra aver rivolto una provocazione all’avversario, ma si sta indagando più a fondo per capire se ci sia una traccia di razzismo. A trarre in inganno sarebbe la parola “donkey”, da molti percepita come “monkey”, ovvero “scimmia” in inglese. La lite fra Romelu Lukaku e Zlatan Ibrahimovic è stata una scena che resterà impressa per diversi anni nelle menti dei tifosi di tutto il mondo. In un derby divertente e ricco di emozioni, lo scontro fra i due leader ha attirato i riflettori e alimentato polemiche. “Do your woodoo sh*t, you donkey” (Fai i tuoi rituali woodoo, piccolo asino, che in Inghilterra sta ad indicare un calciatore forte fisicamente, ma senza tecnica) si sente dire dallo svedese, “Do you wanna talk about my mum?” (Vuoi parlare di mia madre?) risponde il gigante belga. La scena, per essere compresa, deve essere contestualizzata: il riferimento ai riti woodoo risale ai tempi in cui il centravanti dell’Inter giocava all’Everton; gli inglesi avevano offerto un ricco rinnovo contrattuale, ma il calciatore continuava a rifiutare su consiglio della madre che, attraverso un rito, aveva intravisto un futuro lontano da Liverpool per il proprio figlio. Da qui nasce la provocazione di Ibra e per questo motivo il Belga ha risposto n quel modo. Eppure, si parla di razzismo e diffamazione. E quale relazione sussiste dunque tra la giustizia ordinaria e la giustizia sportiva nel caso in cui nell’ambito delle competizioni sportive venga commesso il reato di diffamazione e, cosa ancor più grave, il reato di diffamazione a sfondo razziale? L’ambito sportivo in generale, (e non solo il calcio), appassiona milioni di italiani che quotidianamente esprimono commenti e suggerimenti di ogni sorta a qualunque livello agonistico o amatoriale che sia, nei confronti di società, atleti, arbitri. La Giustizia sportiva è da sempre molto attenta a sanzionare tramite la sezione disciplinare del Tribunale Federale, i tesserati che eccedono i limiti sanciti dal codice della Giustizia sportiva all’art. 1 bis comma 1, che impone a tutti i tesserati i doveri di “lealtà correttezza e probità “oltre che dai regolamenti per le varie discipline sportive che si uniformano al Codice. In questa ottica il reato di diffamazione previsto dall’art art.595 del Codice Penale è sanzionato in ambito sportivo in modo concorrente e non alternativo seppur ovviamente con pene differenti. La Giustizia ordinaria fa il suo corso in sede penale su istanza della persona offesa dal reato o su iniziativa d’ufficio da parte della Procura della Repubblica e in sede civile a seguito di istanza dell’interessato, e la Giustizia sportiva, una volta attenzionata emette in tempi rapidissimi provvedimenti disciplinari nei confronti dei tesserati che si concretizzano in squalifiche, ammende, inibizioni. L’ambito sanzionatorio disciplinato dalle norme del diritto sportivo nazionale opera, come detto, in via concorrente e non alternativa e in caso di commissione di reati non è necessario chiedere alcuna deroga al Consiglio Federale per procedere con la giustizia ordinaria Il Tribunale Nazionale dell’arbitrato per lo Sport nel lodo Guerra/ FIGC (prot. n. 1577 del 21.07.2010) ha proprio espressamente affermato infatti che: “ l’articolo 30, comma 2 dello Statuto della FIGC, disciplina il «vincolo di giustizia», mantiene intatta la sua portata e validità nell’ambito dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, riconosciuto e favorito dalla Repubblica, ma si infrange laddove impatta con la materia penale, e quindi con reati che, a prescindere dalla loro azionabilità per querela di parte o di ufficio, impongono l’intervento esclusivo del giudice ordinario. Ed invece, non può essere accolto l’argomento proposto dalla FIGC secondo il quale è lasciata ai singoli la possibilità di fare istanza al Consiglio Federale per ottenere una deroga che li autorizzi ad adire gli organi giurisdizionali dello Stato. Porre tale obbligatorio adempimento procedimentale a carico di colui che ha subito gli effetti di condotte ascrivibili a ipotesi di reato per poter adire gli organi della giustizia ordinaria, infatti, non solo renderebbe meno efficace la tutela che l’ordinamento generale assicura alla persona offesa da un reato, ma finirebbe anche per affievolire lo stesso effetto di deterrenza delle norme penali nell’ambito sportivo.



E poiché “subordinare l’esercizio dell’azione penale all’autorizzazione del Consiglio Federale vorrebbe dire porsi in contrasto con i principi di uno Stato costituzionale, come chiaramente esplicitati agli artt. 24 e 25 Cost. l’irrogazione di una sanzione disciplinare per non aver ottemperato alla richiesta di autorizzazione in parola, non può non confliggere con le citate norme costituzionali” (si veda sul punto anche lodo Setten/Treviso contro FIGC)


La pronuncia sopra citata stabilisce che la tutela del singolo individuo in caso di commissione di reati è un diritto costituzionalmente garantito e non può essere compressa o derogata ad altri organi che non siano quelli istituzionali.

Nel caso specifico che si sta trattando, dopo l'apertura, da parte del procuratore federale Giuseppe Chinè, del procedimento sulla rissa verbale Tra i centravanti di Milan e Inter, Zlatan Ibrahimovic e Romelu Lukaku, (1) diventa sempre più probabile che i due calciatori vengano ascoltati via chat nelle prossime ore sull'episodio. Tra le ipotesi sull'esito della vicenda non è ancora da escludere la duplice squalifica a tempo, che rischierebbe di estendersi al campionato, anche se i tempi tecnici per le difese, nell'eventualità di un deferimento, rendono difficile che l'ipotetico stop possa pregiudicare la presenza dei due leader delle squadre milanesi nel derby di campionato del 21 febbraio: un derby da scudetto. Sono comunque ancora parecchie le incognite nell'iter del procedimento, a cominciare dai capi di imputazione. Dopo l'audizione dell'arbitro Valeri, che ha ammonito entrambi i giocatori per lo scontro in campo poco prima dell'intervallo e nel secondo tempo ha poi espulso per doppia ammonizione Ibra (il secondo cartellino giallo per un fallo di gioco, con la conseguente la squalifica di una giornata da scontare nella prossima edizione della Coppa Italia), l'archiviazione sembra quasi impossibile. Può arrivare soltanto se Valeri avrà dichiarato che ha sentito e decifrato i rispettivi insulti: in questo caso, infatti, avrebbe già punito i protagonisti con l'ammonizione, costata la squalifica diretta per una giornata anche a Lukaku(era diffidato, salta l'andata della semifinale di Coppa Italia con la Juve), e non sarebbe dunque più possibile un'ulteriore sanzione per la stessa violazione del regolamento.

Ma è assai più verosimile che l'arbitro abbia confermato di non avere sentito (o decifrato) il contenuto degli insulti in inglese - già acquisito dal procuratore federale attraverso il video Rai della partita - e di avere valutato soltanto il faccia a faccia tra i due litiganti, iniziato nell'area di rigore milanista, cioè il comportamento non regolamentare di entrambi. Se così sarà, appare inevitabile l'audizione via chat di Ibra e Lukaku in tempi piuttosto rapidi. Chinè dovrebbe poi decidere in base a quale violazione del codice di giustizia sportiva chiedere il deferimento. L'articolo in questione sarebbe il 28, che punisce "ogni forma di condotta offensiva e discriminatoria, anche indiretta, per motivi di razza, colore, religione, lingua, sesso nazionalità, origine e condizione personale o sociale". Al centro resta l'esegesi della frase di Ibrahimovic sull'invito a Lukaku a dedicarsi ai riti voodoo: il razzismo potrebbe infatti argomentare la difesa del centravanti del Milan, sarebbe certamente da escludere e così pure la discriminazione religiosa. Di sicuro, se l'intento era di ferire l'avversario con l'allusione a un episodio ben noto nella Premier League inglese (le dichiarazioni del presidente dell'Everton sull'abitudine della madre di Lukaku a ricorrere ai cerimoniali voodoo per suggerire al figlio le decisioni sulla carriera, circostanza smentita a suo tempo con molta irritazione dal diretto interessato), l'obiettivo è stato raggiunto. L'epiteto "little donkey", asinello, traducibile con l'italiano "scarsone" e riferito con derisione alle doti tecniche di Lukaku, ha aggiunto il carico ulteriore. Però le conseguenze sono andate oltre ogni intenzione. Lo dimostra la scomposta e furibonda reazione di Lukaku, che tra insulti e minacce di scontro fisico è valsa al centravanti dell'Inter sia il cartellino giallo sul campo sia l'indagine della procura federale insieme al rivale.

Una volta stabilito l'eventuale reato, rimangono i dubbi sui tempi: quelli della richiesta di sanzione da parte di Chinè e

quelli sul pronunciamento del tribunale federale (il ritorno della semifinale di Coppa Italia è in programma tra una sola settimana, martedì 9 febbraio), dato che le difese hanno 15 giorni per presentare le loro memorie, senza contare gli eventuali ricorsi. L'altra incognita è sull'entità della punizione ("10 giornate o nei casi più gravi una squalifica a tempo determinato", recita il codice a proposito degli insulti razzisti) e sulla possibilità che la squalifica sia a tempo, non a giornate per la sola Coppa Italia, e valga per tutte le competizioni. Le ipotesi estreme sembrano in partenza remote: il razzismo non c'entra proprio con la lite Ibra-Lukaku, amplificata dalla violenza della scena in diretta tivù e dall'eco mediatica internazionale. Ma i due club stanno già preparando i rispettivi dossier.


Troviamo numerosi esempi di sanzioni irrogate dalla Giustizia sportiva per diffamazione utilizzando i media:

Juventus Vs Napoli (giugno 2018), i giovani calciatori della Juventus fc under 15 (2)dopo la vittoria in semifinale per 3-0 contro il Napoli postano sui propri social network (Instagram e Facebook) i video dei loro festeggiamenti.

Uno di questi video desta però l’attenzione dell’opinione pubblica e soprattutto della Procura Federale della FIGC. Questa la frase incriminata: “abbiamo un sogno nel cuore Napoli usa il sapone”.

La Juventus Fc e la FIGC decidono di condividere un comune percorso formativo per i giovani tesserati coinvolti e viene emanato il seguente comunicato: “… Al fine di tutelare i principi di lealtà e correttezza sportiva, la FIGC e la Juventus hanno condiviso per i ragazzi della formazione under 15 bianconera un percorso formativo, che inizierà immediatamente nei giorni successivi alla gara in questione, sulle tematiche del rispetto dell’avversario e del corretto uso degli strumenti digitali.”

La vicenda però come detto era stata segnalata alla Procura Federale della FIGC.

Nel dicembre 2018 il Tribunale Federale (sezione disciplinare) sanziona con una giornata di squalifica i 25 giocatori della Juventus FC under 15 e condanna la Juventus FC al pagamento di un’ammenda di €.6.000,00. Dunque non tutti i commenti e i comportamenti in ambito sportivo vanno esenti da punibilità e dove non può arrivare la Giustizia Sportiva (che si rammenta ha competenza solo sui propri tesserati) arriva la Giustizia ordinaria.


Un altro esempio, che ha avuto una eco mondiale, riguarda sicuramente il caso eclatante tra Zidane e Marco Materazzi durante la finale dei Mondiali di Germania del 2006. Il francese, come ben sappiamo, colpì l'ex difensore azzurro con una testata dopo aver ricevuto dal giocatore leccese degli insulti in mondovisione, insulti che si venne in seguito a sapere dallo stesso Materazzi riguardavano l’onorabilità della sorella dell’ex numero dieci francese, mentre in un primissimo tempo si ipotizzò potessero avere addirittura una connotazione di matrice razzista, in quanto legati all’origine maghrebina di Zidane, figlio di immigrati algerini. Anche questo episodio va sicuramente citato tra i casi di diffamazione, caratterizzato da offese di natura sessista, che troppo frequentemente si verificano nel mondo del calcio. Tra Materazzi e Zidane secondo il codice disciplinare della Fifa, chi ha rischiato di più è stato proprio l'italiano. Se le dichiarazioni di Zidane sulle presunte provocazioni subite da Materazzi sarebbero state ritenute credibili dalla commissione disciplinare della Fifa, l'azzurro avrebbe rischiato infatti diverse giornate di squalifica. La commissione, nella sua decisione, si è basata esclusivamente sul codice disciplinare della Federazione internazionale, in cui un intero capitolo è dedicato proprio all'onorabilità e al razzismo. Per quello che riguarda le offese all'onorabilità di un altro giocatore, il codice Fifa prevede la sospensione di almeno due partite. Più gravi le conseguenze nel caso di attacchi a sfondo razziale: la sospensione, in questi casi, arriva ad un minimo di cinque match, più un'interdizione dagli stadi e un'ammenda di almeno 6.600 euro.

Per quello che riguarda Zidane,, (3) che comunque aveva già ufficializzato all’epoca il suo ritiro dal calcio giocato, il codice della Fifa prevede nel caso di comportamento violento che non causa lesioni corporali o alla salute di un giocatore una squalifica di almeno due partite con un ammenda di 3300 euro.

Nello specifico la Commissione disciplinare della Fifa decise di punire l’ormai ex giocatore francese con tre turni di squalifica e una multa di 6 mila dollari; a Materazzi vennero invece comminati due turni di squalifica e una multa di 4 mila dollari; nel vagliare le condotte incriminate, la Commissione reputò infatti più grave la condotta posta in essere da Zidane consistita in una reazione sproporzionata rispetto alle provocazioni verbali ricevute dall’azzurro.


A questi episodi si aggiunge anche quello relativo al procuratore sportivo di Mario Balotelli Carmine Mino Raiola, è stato condannato attraverso un decreto penale del Gip del Tribunale di Ravenna a tre mesi di reclusione convertiti in una multa da 6.750 euro per diffamazione aggravata nei confronti dell’ex ct della Nazionale Arrigo Sacchi, che aveva sporto denuncia querela all’indomani della partita del 7 settembre 2018 tra Italia e Polonia.


Sacchi, intervistato in radio nel contesto di ‘Deejay football club‘, (4)aveva dato una opinione sia sui giovani nazionali sia sul continuo tentativo di recupero dell’attaccante Mario Balotelli.


Il procuratore, quattro giorni dopo si era espresso su Sacchi con la frase rimbalzata sul web «Con le sue parole, Sacchi ha dimostrato di non avere né intelligenza, né classe (…) le parole di Sacchi su Balotelli confermano quello che tutti pensano ma che non hanno il coraggio di dire: è fuso e ormai mi fa solo pena»


Il Gip su richiesta del Pm ha ritenuto tale commento diffamatorio commesso con l’aggravante dell’uso del mezzo internet ed ha comminato all’imputato la relativa pena.


Un’altra tipologia di razzismo nel calcio è la discriminazione territoriale. Spesso si tende a nascondere la discriminazione territoriale facendola passare come sfottò. L’ultimo caso lo si è avuto in occasione della sfida di Serie A, Atalanta-Napoli. (5) La squadra azzurra, quella tartassata maggiormente da queste tipologie di cori, ha messo in chiaro le cose. Tramite il suo allenatore, infatti, ha fatto sapere alla stampa che, nel caso in cui ci fossero stati cori razziali, come il famoso “Vesuvio lavali col fuoco”, sarebbero stati pronti a lasciare il campo. La discriminazione territoriale è un fenomeno prettamente italiano. Alla base abbiamo un problema culturale, che ormai è radicato nel tifo nostrano. La rivalità ci deve essere ma deve essere sana, non deve inneggiare alla morte attraverso disastri o eruzioni. Un altro tipo di discriminazione è quella nei confronti delle donne, le quali secondo l’opinione generale capiscono poco o nulla di calcio. Recente è lo scandalo accaduto in TV a causa del giornalista sportivo Fulvio Collovati, che, nella trasmissione Rai “Quelli che il calcio” (6)si è pronunciato così: “Quando sento una donna parlare di tattica mi si rivolta lo stomaco, non ce la faccio“. Il giornalista si è poi scusato, ma a nostro modo di vedere ciò non cambia la gravità delle cose che ha detto, che tra l’altro (purtroppo) rispecchiano il pensiero comune di gran parte della popolazione maschile italiana.

Secondo noi, sebbene sia innegabile che il calcio sia uno sport seguito maggiormente da uomini che da donne, ciò non implica che quelle che lo seguono ne capiscano meno dei maschi. In conclusione, nel calcio come nella vita, ogni discriminazione è ingiusta, perché ognuno ha diritto al rispetto da parte degli altri. Discriminare è sintomo di ignoranza, perché il razzismo è frutto dell’ignoranza.[1]

[1]) Notizia ripresa dal sito ufficiale di Inter e da tutti gli altri principali quotidiani sportivi nazionali 2) Notizia ripresa dall'articolo de Il Messaggero sui cori discriminatori della squadra della Juventus under 15 contro il Napoli 3) Notizia ripreda dal sito ufficiale di Fanpage.it e dalla Gazzetta Dello Sport 4) Notizia ripresa dal sito ufficiale di Radio Deejay e da tutti gli altri siti sportivi 5) Notizia riportata dai principali quotidiani sportivi (Gazzetta dello sport, Corriere dello sport e TuttoSport) 6) Notizia riportata da tutti i principali siti e quotidiani sportivi, vedasi in particolare un articolo pubblicato sul Corriere dello Sport, «La donna non capisce come l'uomo», bufera su Collovati (corrieredellosport.it)

 
 
 

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